Elenco blog personale

giovedì 4 novembre 2010

In ricordo di Gianni Rodari

LETTERA AI BAMBINI

È difficile fare
le cose difficili:
parlare al sordo,
mostrare la rosa al cieco.
Bambini, imparate
a fare le cose difficili
a dare la mano al cieco,
cantare per il sordo,
liberare gli schiavi
che si credono liberi.

Gianni Rodari

martedì 14 settembre 2010

Test sulle opinioni degli insegnanti

Ho ricevuto questa richiesta e mi sembra interessante aiutare i colleghi a raccogliere le opinioni di più insegnanti possibile.

Cari docenti,
vi chiediamo cortesemente un piccolo sforzo per aiutare la ricerca.
Siamo un gruppo di ricercatori dell'Istituto per le Tecnologie Didattiche del CNR e in collaborazione con un collega del Dipartimento di Scienze Antropologiche - Sezione di Psicologia dell'Università di Genova abbiamo avviato un'indagine sulle diverse tipologie di opinioni che un insegnante nutre nei confronti dell'utilizzo delle tecnologie didattiche in classe. A tal fine, è nostro obiettivo validare una scala che contiene alcune semplici affermazioni.
Tutto quello che vi chiediamo è una decina di minuti del vostro tempo per compilare il questionario al seguente link:
http://www.sdf.unige.it/limesurvey/index.php?sid=67679&lang=it
Se potete, diffondete per favore il link anche ai vostri colleghi che usano nella loro pratica professionale le tecnologie didattiche.
Vi ringraziamo per la disponibilità e l'attenzione.
Vincenza Benigno
Stefania Manca
Antonella Chifari
Carlo Chiorri

venerdì 9 luglio 2010

http://www.manifestoinsegnanti.it/

domenica 18 aprile 2010

A.A.A.

Questo link può interessare a tanti insegnanti che sentono l'urgenza di fare qualcosa di concreto per la scuola!

http://www.lascuolachefunziona.it/forum/topics/un-giuramento-di-ippocrate-per

giovedì 18 marzo 2010

Riflessioni

Sono tornata da un incontro che riguardava le strategie e gli strumenti ad oggi attuabili per affrontare i DSA ed ho ascoltato molti interventi di genitori coraggiosi ed ostinati che si sono impegnati e si impegnano quotidianamente nel pretendere che i loro figli ricevano dalla scuola ciò che questa avrebbe il dovere di garantire a tutti.
Ho sentito anche la voce di alcuni colleghi e mi sono sentita a disagio come, ahimé, purtroppo, mi capita spesso negli ultimi tempi...
Tante, belle, TROPPE parole.
Credo che adesso la scuola abbia davvero bisogno di più fatti, di persone preparate, competenti ma pronte a mettersi in gioco, rapportandosi quotidianamente con i bambini, imparando a riconoscerne esigenze e difficoltà che solo un professionista attento può cogliere.
Oggi ho sentito accampare per l'ennesima volta la scusa che la scuola "non ha soldi" per poter investire sugli strumenti compensativi necessari per venire incontro ai bambini affetti da DSA. Ma noi insegnanti siamo un formidabile capitale umano e io conosco colleghi a cui basta anche solo uno sguardo, non l'utilizzo di un software, magari nemmeno opensource, per ottenere un risultato da alunni cosiddetti difficili.
La dislessia è un problema ma il suo riconoscimento precoce permette a quasi tutti i bambini di poter "pareggiare i conti" con chi non ne è affetto.
Che giustificazione abbiamo davanti a genitori che dichiarano di aver ricevuto una diagnosi di DSA solo quando il figlio aveva 14 anni??
Noi insegnanti stiamo facendo davvero tutto il possibile?
Oltre alle tante, belle, TROPPE parole, ci interessano ancora i bambini?
Ho ritrovato questo pezzo di Gaber e mi ha fatto bene riscoltarlo...


"Non insegnate ai bambini la vostra morale; è così stanca e malata che potrebbe far male. Forse una grave imprudenza è lasciarli in balia di una falsa coscienza. Non elogiate il pensiero che è sempre più raro; non indicate per loro una via conosciuta ma se proprio volete insegnate soltanto la magia della vita. Giro giro tondo cambia il mondo. Non divulgate ai bambini illusioni sociali, non gli riempite il futuro di vecchi ideali: l'unica cosa sicura è tenerli lontano dalla nostra cultura. Non esaltate il talento che è sempre più spento, non li avviate al bel canto, al teatro alla danza ma, se proprio volete, raccontategli il sogno di un'antica speranza. Non insegnate ai bambini ma coltivate voi stessi, il cuore e la mente; stategli sempre vicini, date fiducia all'amore: il resto è niente. Giro giro tondo cambia il mondo".

venerdì 5 marzo 2010

Dopo 12 anni è ancora così?

Mi è capitato di leggere questo articolo in una ricerca che stavo facendo su apocalittici e integrati in riferimento al rapporto con le nuove tecnologie.
Solo a lettura terminata, ho letto che si trattava di un articolo del 15 luglio 1998 e sono rimasta senza parole!
In dodici anni mi sembra che sia cambiato molto poco e quanti "Don Ferrante" si trovano ancora nella nostra povera scuola...

I nemici della scienza? Apocalittici e integrati
Il manifesto dei "tecnorealisti" I nemici della scienza? Apocalittici e integrati Nel lanciare una nuova sezione dedicata alla tecnologia, il New York Times ha posto ai suoi lettori il seguente dilemma: "Siete tecnofili o tecnofobi?". Quasi che l'avvento dell'elettronica e dell'ingegneria genetica obbligasse a una sorta di bipolarismo, di uninominale secca: o di qua o di la'. O nostalgici di Gutenberg o drogati dal computer. O farmaco - dipendenti o seguaci della medicina ayurvedica. Ma ecco che un gruppo di intellettuali americani, anzi di "digerati", come si e' autobattezzata l'elite dell'era digitale, rompe gli schemi e propone una "terza via": il "tecnorealismo". Un manifesto della nuova scuola di pensiero si trova da qualche tempo "affisso" su Internet (al sito www.technorealism.org). Primi firmatari David Shenk, Steven Johnson, Andrew Shapiro e altri santoni della Net Generation. "Il tecnorealismo - spiegano - si propone di demolire alcuni luoghi comuni, tra cui quello che la tecnologia possa risolvere tutti i problemi del mercato, come l'ineguaglianza e il monopolio, o il mito speculare che i mercati possano risolvere tutti i problemi della tecnologia (come la tutela della privacy e la garanzia di un accesso universale)". Negli otto punti del manifesto si legge per esempio che "le tecnologie non sono neutrali, ma si presentano cariche di precise valenze sociali, politiche ed economiche, in parte intenzionali in parte no"; che "Internet e' rivoluzionario ma non utopico" e che lo Stato ha un importante ruolo da giocare sulla frontiera elettronica: "E' follia sostenere che il governo non abbia giurisdizione su cio' che cittadini devianti o imprese fraudolente possono compiere sulla rete... Le questioni legate alla riservatezza sono troppo delicate per essere lasciate in balia del mercato". Ancora: la tecnologia non e' conoscenza, e non sara' un computer su ogni banco a salvare la scuola dal declino. Infine, il punto piu' decisivo: "La comprensione della tecnologia dovrebbe essere una componente essenziale della cittadinanza globale". Siamo sul piano delle enunciazioni astratte, ma e' comunque un buon avvio di discussione. E siccome Internet abbraccia l'intero pianeta, tutti sono invitati a partecipare, senza barriere di lingua o di nazionalita'. Eppure finora, tra le centinaia di adesioni giunte perfino dalla Romania e dal Venezuela, i nomi italiani saranno si' e no quattro o cinque, e nemmeno uno eccellente. Sara' perche' i nostri intellettuali frequentano piu' i salotti televisivi che il ciberspazio, o non hanno avuto la ventura di transitare per quel sito. O piu' banalmente perche', in fatto di scienza, restano ancorati al bipolarismo. Apocalittici o integrati. Ondeggiano tra l'entusiasmo per il nuovo farmaco anticancro e l'indignazione per la "direttiva Frankenstein". Tra gli sghignazzi di Dario Fo sull'uomo - maiale e l'accattivante positivismo di Piero Angela. In mezzo c'e' il deserto delle idee, un vuoto di conoscenza che riguarda un po' tutti, ma in misura piu' grave e imperdonabile quelli che avrebbero il compito di formare l'opinione pubblica e di educare le nuove generazioni. Le primedonne dello star system cultural - mediatico sono troppo impelagate nei battibecchi sul nichilismo di destra e di sinistra, sull'attualita' di Leopardi o sulle differenze tra Francisco Franco e Mussolini, per avere il tempo di dare uno sguardo al paesaggio tecnologico che cambia intorno a loro. Un po' come il don Ferrante manzoniano che nel secolo di Keplero, di Bacone e di Cartesio consumava le sue giornate sulle pagine di Aristotele, a discettare di "quiddita". Ci sono per fortuna le eccezioni, Umberto Eco, Gianni Vattimo, il gruppo di Politeia, i giuristi e filosofi che hanno redatto il "manifesto per una bioetica laica". E merita di essere segnalato il libro di Giorgio Israel, Il giardino dei noci (Cuen edizioni), che contro gli opposti rischi dell'Illuminismo scientista e del misticismo New Age propone "un nuovo razionalismo aperto, critico e costruttivo", capace di conciliare le diverse forme di conoscenza con l'etica umanistica. Ma il grosso dell'intellighentia si tiene alla larga da queste problematiche. Molti si sono convertiti al computer e al telefonino. Ma quanti hanno letto Jacques Monod, o Frannois Jacob, o la storia della "doppia elica" di Jim Watson? Quanti sanno di che parlano quando tirano in ballo la biologia molecolare o la fisica delle particelle? I piu' si accontentano di riciclare frammenti del discorso scientifico a puro scopo esornativo. Come Baudrillard per il quale le guerre moderne si svilupperebbero in uno "spazio non - euclideo" o Deleuze che affabulava di "velocita' infinite" e di "virtuale caotico". E dio solo sa che cosa voleva dire.

Chiaberge Riccardo


Pagina 31
(15 luglio 1998) - Corriere della Sera
http://archiviostorico.corriere.it/1998/luglio/15/nemici_della_scienza_Apocalittici_integrati_co_0_980715743.shtml

giovedì 25 febbraio 2010

domenica 7 febbraio 2010

A proposito di rezdore

In "Coltivare le connessioni", si cita il DVD "Storie di terra e di rezdore" e, incuriosita, ho fatto una ricerca su YouTube. Ho trovato questo stralcio del filmato,pubblicato su gentile concessione della Provincia di Modena.
Da non perdere...

giovedì 28 gennaio 2010

Tracce del percorso

Questo è il link alle mie tracce del percorso di Editing Multimediale.

http://spreadsheets.google.com/pub?key=thzgB5KDigUJHaXIrYFUfgw&output=html

domenica 24 gennaio 2010

C'era una volta...

Gli ultimi post del blog di Andreas che fanno riferimento alle OER e in parte anche il post sulla privacy mi hanno fatto ripensare a quando ho iniziato la mia carriera nel mondo della scuola. Per diversi motivi, il mio percorso di insegnante è stato atipico. Coltivavo il sogno di dedicarmi alla filologia classica come ricercatrice ed invece gli eventi della vita mi hanno portato a diventare insegnante di scuola primaria con un certo ritardo rispetto a tanti altri colleghi della mia stessa età. A distanza di anni, direi che sono stata fortunata: la scuola primaria è stata per anni un vero laboratorio attivo e fecondo di esperienze diverse e coinvolgenti che favorivano non solo la crescita dei bambini ma anche quella dei docenti. Per me che venivo dalla facoltà di lettere classiche e, prima ancora, dal liceo classico più tradizionale della mia città, l'impatto con la realtà del tempo pieno, nei primi anni ottanta, è stata molto significativa per tutto il resto della mia carriera. Allora, nelle scuole coesistevano le sezioni con il maestro(o maestra) unico che aveva l'aula staticamente ordinata, con la guida didattica sulla cattedra per la scansione giornaliera delle attività (dalla preghiera del mattino ai compiti da assegnare a casa per il pomeriggio), in cui i bambini con il grembiulino stavano sempre seduti silenziosi e composti e dove la porta era sempre chiusa così come i cassetti e gli armadi. Solitamente ad un altro piano (erano troppo rumorose!) c'erano le sezioni a tempo pieno dove i bambini e i loro maestri sperimentavano una scuola finalmente aperta. Le attività proliferavano: dal teatro, ai burattini, alla ceramica, alla musica, alle frittelle e ai biscotti...si manipolavano materiali, si giocava, si imparava, si insegnava, si cooperava, si condivideva e si... sorrideva! Insegnando in queste sezioni (fortunatamente per me gli ultimi arrivati erano assegnati a queste classi) mi sono formata una visione della scuola contrastante in tutto con quella in cui ero cresciuta!
Ogni classe a tempo pieno dove ho insegnato in quegli anni è stata un' OER a cui ho attinto, ricavando materiali non tanto dai prodotti quanto dai processi che portavano ad essi. Nelle sezioni a tempo normale (già l'uso di questo aggettivo la dice lunga sull'idea che in quegli anni si aveva del tempo pieno...)si studiava a memoria "Il 5 maggio" da portare all'esame di quinta e, se si entrava come supplenti, non si poteva avere accesso né all'elenco dei bambini della classe né ai loro quaderni (chiusi rigorosamente a chiave negli armadi); nelle sezioni a tempo pieno si leggevano brani tratti da "Lettera ad una professoressa" e si lavorava per classi aperte, discutendo e confrontandosi ma partendo dai bisogni dei bambini e da uno soprattutto: quell di stare bene a scuola!

Presentazione sulle OER

Andreas ci ha spiegato già tutto sul suo blog. Questa presentazione che ho trovato su Slideshare inquadra sinteticamente il fenomeno.

sabato 23 gennaio 2010

A proposito di folksonomy

Ho trovato la documentazione di un'interessante esperienza di classificazione in una scuola primaria che ha portato a valutare i punti di forza e di debolezza dei tags. Il link al blog creato appositamente per far lavorare i bambini è
http://lnx.rodari.org/taggare/

mercoledì 6 gennaio 2010

Conferenza di Negroponte

Dopo aver letto la newsletter dell'ADI, sono andata a curiosare un po' sul sito e ho trovato questo video.



E' il video della conferenza tenuta a settembre 2009 da Nicholas Negroponte a Washington, dopo che il presidente dell'Uruguay aveva annunciato di aver provveduto alla diffusione gratuita di 400 000 laptop ai bambini della scuola primaria come sfida all'analfabetismo, al digital divide e all'esclusione sociale.
Mi sembra che offra molti spunti di riflessione.
A questo link
http://ospitiweb.indire.it/adi/Negroponte09/nn9_frame.htm
potete trovare la traduzione italiana della relazione di Negroponte.

Un augurio per la scuola

Questa mattina mi è arrivata la newsletter di gennaio dell'ADI ( http://ospitiweb.indire.it/adi/) che, per esemplificare come attualmente si affrontano i problemi della scuola, conteneva la parabola che ho incollato qui sotto .
Ad oggi nessuno è riuscito a porsi nella sua interezza il problema del cambiamento necessario nella scuola e si accavallano solo visioni settoriali che alla fine portano a frustrazione, smarrimento e confusione sia per gli studenti che per noi docenti.
La newsletter contiene un augurio alla scuola italiana per il 2010, ispirato al "Sapere aude" di Kant: saper dare a tutti gli studenti la capacità e il coraggio di usare la propria intelligenza senza essere guidati da altri.
Da parte mia, più che "guidati" (insegno in una scuola primaria e mi riconosco in un certo senso un ruolo di guida) io preferirei "manovrati". Mi sembra importante.

La parabola dei sei ciechi e l'elefante.
C'erano una volta sei saggi che vivevano insieme in una piccola città.
I sei saggi erano ciechi. Un giorno fu condotto in città un elefante. I sei volevano conoscerlo, ma come avrebbero potuto?
“Io lo so”, disse il primo saggio , “ lo toccheremo.”
“Buona idea”, dissero gli altri ,”così sapremo com'è un elefante.”
I sei andarono dall'elefante.
Il primo gli toccò l'orecchio grande e piatto. Lo sentì muoversi lentamente avanti e indietro.“L'elefante è come un ventaglio”, proclamò.
Il secondo toccò le gambe dell'elefante. “E' come un albero”, affermò.
“Siete entrambi in errore”, disse il terzo. “L'elefante è simile a una fune”. Egli stava toccando la coda dell'elefante.
Subito dopo il quarto toccò con la mano la punta aguzza della zanna .”L'elefante è come una lancia”, esclamò.
“No, no”, disse il quinto , “è simile ad un'alta muraglia”. Aveva toccato il fianco dell'elefante. Il sesto aveva afferrato la proboscide. “Avete torto”, disse, “l'elefante è come un serpente”.
“No, come una fune”.
“Serpente!”
“Muraglia!”
“Avete torto!” “Ho ragione!”

I sei ciechi per un'ora continuarono a urlare l'uno contro l'altro e non riuscirono a scoprire come fosse fatto un elefante.